Ancora pochi giorni (giovedì 25 e venerdì 26 dalle 16.00 alle 19.00) per vedere la bellissima mostra sulla Resistenza a Mestre e nell'entroterra veneziano 1943 -1945, nell'Oratorio di S.M. Assunta di Rossignago.
Nella foto l'inaugurazione della mostra il giorno 4 aprile |
della cittadinanza di Spinea
Mestre e l'entroterra veneziano
Per inquadrare correttamente le dinamiche della lotta di Liberazione sviluppatasi nel territorio di Mestre-Marghera e nei centri della cintura urbana, Chirignago, Zelarino, Favaro Veneto, Campalto e Tessera, vanno esplicitare in via preliminare due avvertenze. È necessario, da un lato, considerare debitamente il ruolo
svolto, all'interno di questo movimento, dalla resistenza civile, accanto a quello della politica cospirativa e della guerra partigiana e, dall'altro, è bene aver presente la stretta rete di contatti e di scambi, che è sempre stata mantenuta, tra i resistenti che agivano in pianura e le formazioni partigiane in montagna, Solo a partire dall'autunno inverno del1944~ 1945 si costituirono nel l' entro terra mestrino delle vere e proprie formazioni militari. Ebbero un'importanza determinante nella prima fase organizzativa sia alcuni esponenti del l' antifascismo precedente al ventennio che elementi più giovani, i quali si erano opposti al regime, subendo il carcere e il confino, molti dei quali erano stati liberati durante i quarantacinque giorni del governo Badoglio. Tra questi ultimi Umberto de Bei, operaio dei cantieri llva, che era stato arrestato dalla polizia nel luglio del 1941 e deferito al Tribunale speciale, poi liberato nell'agosto del 1943. Aveva subito sorte analoga il calzolaio Leone Moressa, mentre altre fìgure di spicco erano Erminio Ferretto e Augusto Pettenò.
L'annuncio dell'armistizio da parte di Badoglio, 1'8 settembre del 1943, provocò un'immediata reazione dei tedeschi, che già il 9 occuparono militarmente la città. In queste prime settimane, mentre il Partito fascista e la Repubblica di Salò si andavano ancora ricostituendo, Ferretto e De Bei coadiuvati da altri antifascisti, si mossero per organizzare nel territorio il recupero delle armi, sottraendole ai tedeschi, in vista di una lotta armata, e per estendere e rinsaldare i rapporti con gli operai della zona industriale di Marghera, che consideravano come una principale componente del movimento di resistenza al nazifascismo che si stava costruendo. Venivano dal mondo operaio Diorniro Munaretto, Lorenzo Collorìo, Martino Ferrerro, cugino di Erminio ed Elio Monego che fecero abbastanza precocemente la scelta della lotta armata.
Ma la Resistenza continuò a essere condotta anche all'interno delle fabbriche.
Sul piano politico l'avvocato Etelredo Agusson e il ragioniere Sergio Bolognesi, entrambi socialisti, e !' azionista Amedeo Linassi formarono già dall' autunno del 1943 un organismo politico cittadino clandestino, il Fronte nazionale di liberazione, poi. divenuto CLN.
Il Fronte si adoperò inizialmente per aiutare i numerosi militari sbandati e per trovare rifugio per i prigionieri alleati, scappati dai campi di internamento, riuscendo a prendere contatto anche con il governo del Sud e con le organizzazioni clandestine di altre città.
Alcuni mesi dopo questa organizzazione si trasformò in Comitato di liberazione nazionale, aprendosi ai rappresentanti dei diversi partiti antifascisti.
Questa situazione e la natura del!' ambiente urbano e di pianura, del tutto sfavorevole alle dinamiche della classica guerra partigiana, avevano spinto gli antifascisti prima indicati a salire sulle vicine montagne
per raggiungere le prime "bande" partigiane: erano confluiti molto presto nelle formazioni della zona di. Revine e del Cansiglio, inserendosi nella
Divisione "Nannetti" Erminio Ferretto, Augusto Pettenò e Mario Malgaretto .
Divisione "Nannetti" Erminio Ferretto, Augusto Pettenò e Mario Malgaretto .
Fu il grande rastrellamento nazifascista del Cansiglio dell'estate del 1944 a determinare il ritorno in pianura di molti partigiani mestrini.
Un gruppo dette vita al Battaglione "Felisatì" che operò spostandosi continuamente tra la zona est del Mestrino e i comuni limitrofi, sconfinando spesso nel Trevigiano. Augusto Pettenò ne era il comandante ed Erminio Ferretto il commissario politico fino alla sua morte. Dopo la sua uccisione, la formazione, ormai composta da tre battaglioni, sotto la guida di Umberto De Bei come commissario politico e da Martino Ferretto come comandante, si riorganizzò e con la denominazione di Brigata "Ferretto" restò operativa fino alla liberazione.
Sandra Savogin dell'Iveser mentre spiega i contenuti della mostra cliccando su questo link si può vedere il video dell'intervento di Sandra Savogin |
L'oratorio di S.M. assunta di Rossignago, sede della mostra |
Un gruppo
dette vita al Battaglione "Felisatì" che operò spostandosi
continuamente tra la zona est del Mestrino e i comuni limitrofi, sconfinando spesso nel Trevigiano.
Augusto Pettenò ne era il comandante ed Erminio Ferretto il commissario
politico fino alla sua morte. Dopo la sua uccisione, la formazione, ormai
composta da tre battaglioni, sotto la guida di Umberto De Bei come commissario
politico e da Martino Ferretto come comandante, si riorganizzò e con la
denominazione di Brigata "Ferretto" restò operativa fino alla
liberazione.
Nella zona
sudovest della città invece, dal novembre 1944, operò la Brigata "Cesare
Battisti" in collegamento con l'avvocato Agusson e Amedeo Linassi.
Comandata da
Giovanni Battois agiva in un'area che comprende vari comuni lungo la provinciale
che conduceva a Castelfranco e nel territorio di Mestre, Chirignago e Marocco.
Uno dei
compiti che le vennero affidati dal comando del CVL di Venezia era quello di
mantenere interrotta, con continue azioni di sabotaggio, la linea ferroviaria
Valsugana che collegava Mestre con Trento, via di comunicazione attraverso la
quale transitavano continuamente convogli militari tedeschi.
Per
rappresaglia, in seguito all'azione del giugno 1944 con cui la
"Battisti" fece saltare il ponte ferroviario sul Dese, i tedeschi
impiccarono nel novembre dello stesso anno nei pressi del ponte, dove ora è una
lapide, il giovane renitente di origine calabrese
Giovanni Surace.
Operarono con ruoli diversi nel movimento resistenziale numerose donne, di molte delle quali non è rimasta memoria; tra tutte ricordiamo Elisa Campion e le sorelle Ester e Cecilia Zille.
La prima,
nata a Carbonera, operò nel Mestrino come staffetta della "Ferretto"
partecipando anche alla liberazione di Vincenzo Fonti, condannato a morte dalla
caserma della GNR di Treviso.
Le due
sorelle Zille diffusero, in contatto con il CLN di Mestre, nelle case contadine
di Chirignago e Zelarino fino a Spinea e Mirano, stampa e materiale
propagandistico clandestini dei Partiti socialista, comunista e d'azione.
La
"Ferretto" e la "Battisti" furono incaricate dal CLN provinciale
di Venezia di condurre le operazioni per la liberazione della città. Il 27
aprile Agusson, a nome del CLN, prese contatti con le autorità di Pubblica
Sicurezza di Mestre e della Guardia di Finanza per concordare le modalità del
controllo del territorio nella fase di transizione. Dal mattino del giorno 28
gruppi delle due formazioni partigiane coordinate da Guido Bergamo presidiavano
le strade di accesso a Mestre per impedire l'ingresso di colonne tedesche in
ritirata da Sud, mentre altri elementi capitanati da De Bei e coadiuvati da
operai dell'Ilva e della Breda, fermavano, anche se non completamente, i
reparti tedeschi incaricati di far saltare gli impianti e il porto industriale.
A Campalto,
sulla via Triestina e attorno alla stazione ferroviaria si verificarono altri
combattimenti che causarono la morte di diversi patrioti,
malgrado lo
stesso giorno il CLN raggiungesse dopo una laboriosa trattativa un accordo con
il comando tedesco
della piazza
di" Mestre per il ritiro delle truppe dalla città. I poteri passarono al
CLN che riuscì a mantenere l'ordine fino all'arrivo degli Alleati il giorno
seguente.
Ai primi di maggio si celebrarono i funerali
pubblici di molti dei patrioti mestrini caduti, partendo dalla piazza
principale della città che il CLN intitolò immediatamente a Erminio Ferretto,
il "venezian"
Gli eventi e
i protagonisti della Resistenza mestrina sono -ricordati complessivamente da
cinque lapidi, collocate in momenti diversi: poca cosa, se rapportata al tributo di sangue partigiani
delle due brigate che è stato di ben 45
caduti, cui
sono state intitolate alcune piazze e vie. Molto resta ancora da fare perché
queste vicende e il
loro significato
diventino patrimonio della memoria collettiva della comunità cittadina.
La categoria dei ferrovieri, storicamente
molto sindacalizzata al cui interno era attiva la propaganda antifascista. fu
impegnata immediatamente dopo l'armistizio in una serie di azioni di
Resistenza, che vide coinvolti sia gli operai che il personale viaggiante. Si
cercò in ogni modo di venire in soccorso dei soldati italiani catturati dopo
l'armistizio e che transitavano per Mestre, destinati all'ìnternamento: gli
operai distribuivano furtivamente lime per segare lucchetti e sbarre, mentre i
macchinisti, con l'appoggio dei capistazione, rallentavano i treni prima
dell'arrivo alle stazioni principali, per rendere possibili eventuali fughe
fuori dai luoghi controllati.
Ogni tipo di
sotterfugio fu impiegato per sottrarre ai tedeschi i prigionieri alleati.
Durante !'
occupazione continuò l'opera di sabotaggio tesa a ostacolare i rifornimenti
del!' esercito tedesco in varie forme: una modalità, messa in atto dagli operai
addetti alla manutenzione, era resa possibile da un particolare procedimento,
non individuabile dai tedeschi, che impediva il normale funzionamento del
sistema di lubrificazione delle locomotive, costringendole a fermarsi.
Di grande
rilevanza fu la collaborazione data dal personale ferroviario con le missioni
alleate incaricate di raccogliere e comunicare informazioni di carattere
militare al comando.
Oltre la
ferrovia si estende la grande zona industriale di Porto Marghera dove si
sviluppò un movimento di opposizione la nazifascismo.
La Resistenza
a Porto Marghera
Già prima
dell'armistizio alcuni operai, in fabbriche come la Breda, si dichiaravano
apertamente antifascisti: altri maturarono gradualmente la loro adesione al
movimento di Liberazione.
Un gruppo
decise di unirsi alle formazioni partigiane in montagna, molti continuarono la
Resistenza in fabbrica attraverso il sabotaggio della produzione, gli scioperi,
la raccolta di fondi per la lotta partigiana, la propaganda per l'allargamento
del consenso tra i compagni.
Infine nelle
giornate insurrezionali si impegnarono in prima persona nella difesa degli
impianti minacciati di distruzione dai ,tedeschi. Un primo segnale degli
effetti di questo lavoro clandestino si , videro con gli scioperi del dicembre
1943, attuati per ottenere migliora- menti salariali.
Una delle
fabbriche in cui, in base alle testimonianze, si sviluppò un' azione coordinata
di opposizione, in stretto rapporto con gli organismi resistenziali cittadini,
furono i cantieri navali Breda, uno stabilimento militarizzato e controllato
dai nazisti, in cui vi era un comando tedesco in portineria. Il sabotaggio
della produzione avveniva sistematicamente e veniva realizzato attraverso
diversi espedienti per evitare che gli autori venissero individuati: un sistema
diffuso era l'uso di strumenti modificati
in modo da provocare corto circuiti che bloccavano tutta la produzione.
Naturalmente
questo implicava un coinvolgimento sempre maggiore delle maestranze nel
movimento clandestino, nel quale entrarono progressivamente alcune donne e dei
tecnici e un tacito consenso dei dirigenti. Questo fu decisivo per il
sabotaggio delle due Corvette, la Baionetta e la Scintilla, la seconda delle
quali costruita nella primavera inoltrata del 1945 non uscì nemmeno dal
cantiere.
Durante il
biennio si era costituito un CLN aziendale che si impegnò nelle iniziative di
sostegno ai partigiani e che operò per organizzare lo sciopero del marzo del
1944, sciopero politico proclamato dal CLNAI in tutte le città industriali del
Nord.
Quando, al
segnale convenuto, gli operai si fermarono, intervennero BBNN e SS con 3 o 4
camionette che radunarono gli scioperanti nel piazzale della mensa e spianarono
le mitragliatrici intimando loro di
riprendere
il lavoro.
Solo il
sopraggiungere di un allarme aereo evitò una possibile conclusione drammatica
dello scontro in atto. Gli operai che si erano più esposti furono inviati al
lavoro in Germania.
Anche nelle
altre fabbriche la partecipazione degli operai agli scioperi di marzo del 1944
fu significativa, benché minimizzata dalle autorità fasciste: vi furono
adesioni alla Vetrocke, alla San Marco, agli Azotati, alla Termoelettrica.
Alla Sava
l'adesione allo sciopero fu alta. Gli operai furono radunati da reparti armati
di Pubblica Sicurezza davanti al deposito dell' allumina e fu arrestato un
operaio ogni dieci, scegliendo in particolare alcuni di coloro che erano
già segnalati.
Gli
arrestati rimasero in carcere qualche mese.
Determinante
fu l'apporto degli operai durante le fasi insurrezionali nella difesa e
tutela degli impianti industriali minacciati di distruzione dalle truppe
tedesche in ritirata.
Storico, è
stato lo scenario delle parate del regime, luogo di celebrazione dei funerali
dei fascisti uccisi e, dopo il 29 aprile 1945, della . festa popolare per la
liberazione, della parata delle brigate del CNL dei funerali dei partigiani
uccisi e del grande comizio del l' Maggio, il primo dopo la riacquistata
libertà.
Erminio
Ferretto, "el venezian"
Terzo di
cinque figli, Erminio Ferretto nacque a Mestre nel 1915.
Allo scoppio della guerra di Spagna espatriò
clandestinamente nel 1937 per combattere nelle brigate internazionali contro
Franco, mentre sul piano politico aderì al Partito comunista italiano.
Internato nel 1939 in un campo di concentramento dai francesi fu consegnato dal
generale Petain alla Polizia italiana
nel 1941 e confinato a Ventotene.
Liberato,
assieme agli altri confinati, nell'agosto del 1943 lavorò per organizzare il
Partito comunista a Mestre e continuò la sua azione anche dopo l'occupazione
tedesca.
Agli inizi
del 1944 assieme ad Augusto Pettenò, con cui aveva condiviso le esperienze
della guerra di Spagna e del confino, si trasferì nel Bellunese dove, con il
nome di battaglia di "venezìan" si unì ad altre formazioni che dettero vita
alla Divisione "Nino Nannetti" .
Alla grande
offensiva intrapresa dai nazifascisti nel territorio bellunese Erminio Ferretto
con il suo gruppo ricevette l'ordine di rafforzare l'organizzazione della lotta
partigiana tra la marca trevìgiana e l'entro terra veneziano, costituendo
nell'autunno del 1944 un battaglione che prese il nome del concittadino
Giovanni Felisati.
Ferretto e il suo gruppo operarono in stretto
collegamento con partigiani del trevigiano, spostandosi continuamente tra
Mestre, Quarto d'Altino, Mogliano Veneto. Nell'inverno 19.44-1945 le milizie
fasciste effettuarono numerosi arresti tra i partigiani riuscendo a estorcere
alcune informazioni sui rifugi abituali della formazione di Ferretto.
Un gruppo
consistente di Brigate nere irruppe in una casa colonica a Bonisiolo di
Mogliano Veneto e riuscì a scovarlo frugando nel fieno di una stalla dove si
nascondeva, uccidendolo a colpi di mitra.
Erano le due
di notte del 6 febbraio 1945.
Erminio
Ferretto aveva solo trent'anni, otto dei quali erano stati impegnati per
lottare con determinazione e coraggio contro il nazifascismo, di cui purtroppo
non riuscì a vedere la sconfitta.
Nessun commento:
Posta un commento
SIETE INVITATI A LASCIARE UN VOSTRO COMMENTO.